Il Pesce fa bene, ma fa anche male

Il Pesce fa bene, ma fa anche male

Per chi Vuole Seguirmi, può registrarsi al gruppo facebook Alimentazione & Salute

Fresh catch of fish and other seafood isolated on white background

Tutti ormai sanno che il Pesce è un alimento prezioso per la prevenzione cardiovascolare perché dotato di grassi omega-3 a lunga catena ad azione antinfiammatoria, ma pochi sanno che contiene anche una sostanza “molto infiammatoria” e irritante per i vasi sanguigni e la vescica; questa sostanza è l’Ossido di trimetilammina che conferisce il tipico odore di pesce ai prodotti ittici;

L’ossido di trimetilammina abbonda nei muscoli dei pesci vivi per evitare lo shock osmotico determinato dalle acque marine fortemente saline. Quando il pesce muore e va in decomposizione microbiologica, l’ossido di trimetilammina viene trasformato dai batteri in Trimetilammina, conferendo al pesce la tipica puzza di pesce.

Molti studi hanno dimostrato che l’ossido di trimetilammina e la trimetilammina sono sostanze altamente infiammatorie per l’endotelio vascolare favorendo l”indurimento dei vasi “detta arteriosclerosi”.

Ciò comporta un incremento del rischio di incidenti cardiovascolari.

Alcuni studi suggeriscono che l’ossido di trimetilammina assunto con gli alimenti, stimola l’attivazione del recettore dell’infiammazione NF-KB delle cellule dell’endotelio vascolare favorendo l’infiammazione.

Alla luce di ciò possiamo dire che:

Per beneficiare degli effetti salutistici degli Omega-3 senza rischiare effetti collaterali dovuti all’ossido di trimetilammina, e consigliato mangiare pesce almeno 2 – 3 volte a settimana, ma non tutti i giorni.

Fonte Bibliografica

/ 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Dottor Liborio Quinto

Sono un appassionato di Biologia e Chimica degli Alimenti, e condivido con Voi, il Mio sapere. Chi è interessato a propormi qualcosa, può contattarmi

Una risposta a “Il Pesce fa bene, ma fa anche male”

  1. Paese che vai, pancia che trovi

    Al ristorante mangi e impari.
    Alcuni anni or sono mangiai in un ristorante formidabile vicino Siena: “Arnolfo”. Papille gustative impazzite di gioia per il rapido viaggio enogastronomico (Papille GTV). Professionalità: due tavoli di giapponesi a cui il menù era presentato da un cameriere giapponese. Mi accorsi che avevamo gli stessi piatti, ma le loro porzioni erano più piccole delle nostre. Il proprietario mi spiegò che gli americani mangiavano il doppio degli asiatici e che dimensionava le porzioni secondo l’etnia. Pensai: “Prossima volta dico che sono russo, etnia Grizzly”.

    Allora la circonferenza vita la decide il sarto?
    Mi venne in mente che i valori per definire l’obesità addominale dovevano essere diversi fra americani e giapponesi! Ebbene sì. Vincono gli americani a 102/90 cm. Perché sono così importanti questi numeri? Semplice rappresentano il criterio principale per definire l’obesità addominale.

    Misura ciò che è misurabile e rendi misurabile ciò che non lo è. Galileo Galilei
    E allora diamo i numeri. I valori soglia per definire un’obesità addominale sono: 1) giapponesi, cinesi e asiatici 90 cm per l’uomo e 80 cm per la donna; 2) europei, asiatici e nordafricani 94 uomini e 80 donna; USA 102/88 cm. Il paziente ha una sindrome metabolica se oltre a questo parametro alterato ne presenta altri due fra i seguenti: glicemia a digiuno > 100 mg/dl, PA > 135/85 mmHg, HDL < 40/50 mg/dl (uomo/donna), trigliceridi > 150 mg/dl.

    https://nutritionj.biomedcentral.com/…/10…/s12937-018-0417-z

    Quando la pancia brucia e non brucia via
    In questo bellissimo lavoro sono stati studiati 26016 soggetti di Taiwan con sindrome metabolica. Lo schifo di alimentazione è stato definito “Western dietary pattern”. Cibi processati e fritti allo sfinimento, bevande zuccherate, salse tipo ketchup, frattaglie, farine raffinate. Questo il cibo da sindrome metabolica. Invece l’alimentazione intelligente è definita, stranamente: “Prudent dietary pattern”. E qui abbiamo: verdure colorate, frutta, legumi, latte, pesce, eccetera, come Medicina di Segnale insegna. Il brutto è che la sindrome metabolica rappresenta un fattore di rischio cardiovascolare e aumenta l’incidenza di diabete mellito. Il bruttissimo è che la pancia, crescendo, attiva l’infiammazione clinica silente, quindi brucia ed è più difficile smaltirla, bruciarla via.

    Quando trovi i vecchi amici è sempre festa
    Ho già scritto sull’importanza di valutare il rapporto neutrofili/linfociti. Normalmente è pari a circa 2, cioè i neutrofili sono il doppio dei linfociti. In questo studio, i pazienti con sindrome metabolica hanno spesso valori elevati di proteina C reattiva (PCR) e un rapporto neutrofili/linfociti (NLR) > 3. Quindi, un’occhio alla pancia e un’occhio all’emocromo. Dai.

I commenti sono chiusi.

Verified by MonsterInsights