Il Cervello Sembra una Noce

Il Cervello Sembra una Noce (guarda l’immagine sotto)

Paragone Noce - Cervello
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Il cervello, l’organo più importante e complesso del corpo umano, assomiglia molto al gheriglio di una noce. Per far comprendere ai ragazzi delle scuole elementari e medie, la forma del cervello, gli insegnanti lo paragonano alla noce.

Tra l’altro le noci fresche, contengono delle sostanze nutrienti per il cervello: Omega-3, minerali, vitamine, CoQ10 e polifenoli.

Noce e Cervello hanno delle caratteristiche in comune:

  1. Sono entrambi chiusi dentro un contenitore rigido: La Noce è rinchiusa nel guscio, ed il cervello nella scatola Cranica
  2. Hanno entrambi la stessa forma, presentando creste e solchi
  3. Sono ricchi di acidi grassi omega-3

La Noce contiene solo un acido grasso omega-3: L’acido linolenico, presente anche nell’olio di lino, canapa, oliva (in piccole %), mandorle, etc. Il cervello contiene acido linolenico, ma l’omega-3 predominante è l’acido cervonico, chiamato anche acido docosaesaenoico, indicato con la sigla DHA.

Gli omega-3 fanno molto bene al cervello, contribuendo a mantenere sana la memoria, l’intelligenza, l’umore e la salute. Anche se le noci sono alimenti utili al sistema nervoso, le migliori fonti di acidi grassi omega-3, provengono dal pesce.

Il pesce è ricco di omega-3: EPA, Acido Cervonico e acido Linoleico.

Quando mangiamo del pesce grasso, il Cervello fa grande scorta di questi grassi. Il cervello tende a trattenere come una Piovra, l’acido Cervonico. Circa il 30% dei grassi del cervello, sono costituiti da Acido Cervonico (DHA). In strutture nervose più delicate, come la retina e la ghiandola pineale, la quantità di acido cervonico, può sfiorare il 50%.

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L’EPA dell’olio di pesce, quando entra nel cervello, viene trasformato in acido cervonico ed incorporato nei fosfolipidi dei neuroni.

Secondo alcuni studi, le donne in gravidanza carenti di omega-3, possono andare incontro a depressione post partum, perché il Bambino in grembo per formare le strutture nervose, assorbe dalla madre, le riserve di acidi grassi omega-3.

Altri studi suggeriscono che una dieta ricca di olio di pesce, contribuisce a migliorare il Quoziene di intelligenza.

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In Conclusione;

Il Cervello Sembra una Noce, per la forma ed il contenuto in omega-3. Il Cervello ha bisogno di omega-3, e manco a farlo apposta, assomiglia alla noce, che è uno dei frutti più ricchi di omega-3. Tuttavia, i migliori omega-3 per il cervello, sono gli oli di pesce, perché contengono acido cervonico ed EPA. La noce contiene acido linolenico, che con difficoltà viene trasformato dal fegato in EPA e DHA. Gli esperti dicono che la resa di conversione dell’acido linolenico in EPA e DHA si aggira intorno a1-3%; è bene quindi includere il pesce grasso nella dieta, ed eventualmente una integrazione alimentare con del buon olio di pesce ad alto grado farmaceutico in EPA + DHA (acido cervonico).

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Fonte Bibliografica (Il Cervello Sembra una Noce)

  1. Perché una Noce, sembra il Cervello? https://www.quora.com/Why-does-a-walnut-look-like-a-brain

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Pubblicato da Dottor Liborio Quinto

Sono un appassionato di Biologia e Chimica degli Alimenti, e condivido con Voi, il Mio sapere. Chi è interessato a propormi qualcosa, può contattarmi

12 Risposte a “Il Cervello Sembra una Noce”

  1. NOCI E LINO – Secondo i Livelli di Assunzione Raccomandati (LARN) ogni giorno gli adulti dovrebbero introdurre 1-1,5 grammi di omega-3, ma le stime parlano di quantità medie assunte dagli italiani pari a circa un quarto di quanto sarebbe necessario. C’è da sottolineare, a conforto di chi è vegetariano, che gli omega-3 si trovano in abbondanza anche in alcuni vegetali, come le noci o il lino (l’olio che se ne ricava è un concentrato di acidi grassi polinsaturi); in questo caso però si tratta dell’acido alfa-linolenico, il precursore di EPA e DHA, che non sempre viene completamente ed efficacemente trasformato nei due preziosi composti. L’acido alfa-linolenico è peraltro l’unico omega-3 realmente “essenziale”, nel senso che il nostro corpo non riesce a produrlo da solo e dobbiamo per forza prenderlo dai cibi; dato però che la sintesi di EPA e DHA a partire dall’alfa-linolenico non è efficacissima tutti i nutrizionisti consigliano di garantirsi un buon apporto di questi due acidi grassi con la dieta.

    OMEGA-6 – E gli esperti sottolineano inoltre che ciò a cui dovremmo fare attenzione è il rapporto fra i grassi omega-6 e gli omega-3: gli omega-6 sono infatti acidi grassi polinsaturi che si trovano negli oli vegetali e sono altrettanto utili al l’organismo (hanno alcuni effetti antiossidanti), ma non dobbiamo introdurne troppi a scapito degli omega-3. Questo perché ad esempio “competono” con gli enzimi che servono a sintetizzare EPA e DHA a partire dall’acido alfa-linolenico e quindi ne riducono la quota prodotta dal nostro organismo, ma anche perché il loro metabolismo porta a composti che possono avere azioni negative se presenti in eccesso. Purtroppo oggi capita di esagerare sul versante degli omega-6, soprattutto perché di oli vegetali sono ricchi moltissimi prodotti che consumiamo quotidianamente (biscotti, crackers, snack dolci e salati sono solo alcuni esempi): stando ai LARN per ogni grammo di omega-3 dovremmo introdurne quattro di omega-6, invece secondo le stime della Società Italiana di Nutrizione Umana il rapporto è di tredici a uno, più di tre volte il dovuto.

  2. Circa 30 grammi di noci forniscono al nostro organismo quasi 2 grammi di acido alfa-linolenico (uno degli acidi grassi del gruppo Omega 3). Tra i cereali, invece, le quantità di Omega 3 sono molto meno rilevanti: ad esempio, 30 grammi di germe di avena o di germe di granoOmega 3 contribuiscono al nostro fabbisogno quotidiano di acido alfa-linolenico, rispettivamente, con 0,2 e 0,1 grammi. Troppo poco per poter diventare la base di una dieta bilanciata.

  3. Noci (Juglans regia). A differenza di quanto avviene in mandorle, nocciole o pinoli, nelle noci accanto agli omega 6 c’è una discreta presenza di omega 3. La forte presenza di grassi polinsaturi le rende molto deperibili, se sgusciate. Per evitare di consumarle irrancidite acquistatele quindi con il guscio, dando la preferenza a quelle bio che non vengono sbiancate. Cercate di consumarle entro l’anno e non tostatele; come abbiamo visto per i semi di lino, potete però aggiungerle all’impasto di pane e torte rustiche, a patto che il forno non superi i 180°C.

    1. Certamente no. Davanti a un prodotto che dichiara sulla confezione la presenza di omega-3 è opportuno distinguere di quale dei tre principali si
      tratti. Più in dettaglio:
      • l’EPA, a 20 atomi di carbonio, si trova nel pesce, negli integratori e nei farmaci a base di
      olio di pesce;
      • il DHA, a 22 atomi di carbonio, pure contenuto
      nel pesce, è presente in integratori e farmaci
      a base di olio di pesce, ma anche in prodotti
      di origine algale;
      • l’ALA, o acido alfa linolenico, a 18 atomi di
      carbonio: a differenza degli altri due, è esclusivamente di origine vegetale, ed è presente
      in elevate concentrazioni nelle noci, in alcuni
      semi oleosi (lino e colza) e oli vegetali (canola
      o colza, soia) e, in misura minore, nei vegetali
      a foglie verdi e nei legumi.
      Questi 3 acidi grassi non sono funzionalmente
      equivalenti. EPA e DHA possono essere assunti insieme (anche se in quantità molto variabili)
      con gran parte degli alimenti di origine marina,
      e in piccola parte con alcuni di origine animale,
      come le carni e le uova. L’acido alfa-linolenico
      (ALA) è invece contenuto in piccole quantità in
      quasi tutti gli alimenti di origine vegetale, oltre
      che in alcuni di origine animale. Ma è importante
      sottolineare che l’ALA, pur essendo il precursore
      di EPA e DHA da un punto di vista biochimico,
      nell’organismo umano viene convertito solo in
      parte a EPA e, ancora meno, a DHA. Gli enzimi
      elongasi e desaturasi, responsabili sia del suo
      “allungamento” (da 18 a 20 e 22 atomi di carbonio, rispettivamente), sia dell’introduzione di nuovi doppi legami nella molecola, funzionano infatti
      solo in maniera limitata nella specie umana e,
      specificamente, nel sesso maschile. Gli studi di
      intervento hanno inoltre associato al consumo di
      alti livelli di ALA un effetto di riduzione dei livelli di colesterolo, che non si osserva invece con
      gli altri prodotti della stessa serie metabolica. È
      pertanto importante che una dieta varia ed equilibrata apporti tutti e tre questi acidi grassi, che
      per certi versi possono essere quindi considerati
      tutti e tre “essenziali”.

  4. Fonti dietetiche di acidi grassi Omega-3
    Le persone sane assorbono prontamente gli acidi grassi omega-3 da fonti alimentari. Gli alimenti che sono buone fonti di ALA in genere differiscono da quelli che forniscono DHA ed EPA. Le fonti alimentari di ALA includono (Jump, 2014):

    Noci: 2,6 grammi per oncia
    Semi di Chia: 5,1 grammi per oncia
    Olio di semi di lino: 7,3 grammi per porzione da 1 cucchiaio
    Olio di canola: 1,3 grammi per cucchiaio
    Semi di lino macinati: 1,6 grammi per cucchiaio
    Tofu: 0,2 grammi per porzione ½ tazza
    Le migliori fonti di ALA provengono da alimenti a base vegetale. Al contrario, DHA ed EPA si trovano in alte concentrazioni negli alimenti per animali. Le fonti alimentari di DHA ed EPA includono:

    Aringhe del Pacifico: 1,06 grammi di EPA e 0,75 grammi di DHA per porzione da 3 once
    Salmone del Pacifico: 0,86 grammi di EPA e 0,62 grammi di DHA per porzione da 3 once
    Sardine: 0,45 grammi di EPA e 0,74 grammi di DHA per porzione
    Ostriche: 0,75 grammi di EPA e 0,43 grammi di DHA per porzione
    Trota: 0,4 grammi di EPA e 0,44 grammi di DHA per porzione
    Tonno in scatola: 0,2 grammi di EPA e 0,54 grammi di DHA per porzione
    Vegetariani e vegani, che non consumano pesce grasso, possono avere difficoltà a ottenere abbastanza DHA ed EPA nella loro dieta. Il corpo può convertire ALA in DHA ed EPA, ma questo richiede assunzioni relativamente grandi di ALA (Jump, 2014). L’assunzione di un integratore di DHA è un modo possibile per aumentare l’assunzione di questi nutrienti benefici.

    È anche importante considerare il rapporto tra acidi grassi omega-3 e un nutriente correlato, gli acidi grassi omega-6. Assumere troppi acidi grassi omega-6 (presenti in mais, girasole e oli vegetali) rispetto agli acidi grassi omega-3 può essere dannoso per la salute (Harvard TH Chan School of Public Health, nd).

  5. Acidi grassi essenziali e stress dietetico.
    Esistono due famiglie di acidi grassi essenziali che devono essere ottenuti dalla dieta: gli acidi grassi omega-6 costituiti da acidi linoleici e arachidonici e gli acidi grassi omega-3 costituiti da acidi linolenico, eicosapentaenoico e docosaesaenoico (Prog Chem Fats Other Lipids 1968 : 9; 275-348; Recente Pat Cardiovasc Drug Discov 2007; 2: 13-21; Mini Rev Med Chem 2008; 8: 107-115). Gli oli vegetali e vegetali sono fonti di acidi linoleici e linolenici e gli omega-3 più elevati sono ottenuti dai pesci. Il rapporto stimato tra acidi grassi omega-6: omega-3 nella tipica dieta occidentale è di circa 20: 1, mentre diverse linee di evidenza indicano che una razione di 1: 1 sarebbe ottimale. Entrambe le serie di acidi grassi possono essere metabolizzate ossidativamente in una gamma di prodotti. I metaboliti ossidativi dell’acido arachidonico sono tutti proinfiammatori e / o protrombotici, mentre i corrispondenti metaboliti omega-3 sono antinfiammatori e / o antitrombotici. Il consumo squilibrato delle due famiglie di acidi grassi essenziali contribuisce a una serie di malattie. Una maggiore consapevolezza di questo problema sta portando a un maggiore uso di integratori alimentari e nuovi prodotti destinati a ridurre il consumo di omega-6 aumentando l’assunzione di omega-3.

    Fonte Bibliografica
    1) Essential fatty acids and dietary stress – Wertz PW1, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19651798

  6. Acidi grassi polinsaturi dietetici n-6 e n-3: dalla biochimica alle implicazioni cliniche nella prevenzione cardiovascolare.

    L’acido linoleico (LA) e l’acido alfa linolenico (ALA) appartengono rispettivamente alla serie n-6 (omega-6) e n-3 (omega-3) di acidi grassi polinsaturi (PUFA). Sono definiti acidi grassi “essenziali” poiché non sono sintetizzati nel corpo umano e sono per lo più ottenuti dalla dieta. Le fonti alimentari di ALA e LA sono la maggior parte degli oli vegetali, cereali e noci. Questa revisione rivede criticamente gli studi epidemiologici e interventistici più significativi sull’attività cardioprotettiva dei PUFA, collegando le loro funzioni biologiche alla biochimica e al metabolismo. Infatti, una complessa serie di reazioni di desaturazione e allungamento che agiscono di concerto trasformano LA e ALA nei loro derivati ​​insaturi più elevati: acido arachidonico (AA) da LA, eicosapentaenoico (EPA) e acidi docosaesaenoico (DHA) da ALA. EPA e DHA sono abbondantemente presenti nel pesce e nell’olio di pesce. AA e EPA sono precursori di diverse classi di eicosanoidi pro-infiammatori o anti-infiammatori, rispettivamente, le cui attività biologiche sono state evocate per giustificare rischi e benefici del consumo di PUFA. Viene anche esaminata l’origine controversa e il ruolo clinico del rapporto n-6 / n-3 come potenziale fattore di rischio nelle malattie cardiovascolari. Questa recensione evidenzia l’importante effetto cardioprotettivo di n-3 nella prevenzione secondaria della morte cardiaca improvvisa dovuta ad aritmie, ma suggerisce cautela nel raccomandare l’integrazione dietetica di PUFA alla popolazione generale, senza considerare, a livello individuale, l’assunzione di energia totale e grassi. le cui attività biologiche sono state evocate per giustificare rischi e benefici del consumo di PUFA. Viene anche esaminata l’origine controversa e il ruolo clinico del rapporto n-6 / n-3 come potenziale fattore di rischio nelle malattie cardiovascolari. Questa recensione evidenzia l’importante effetto cardioprotettivo di n-3 nella prevenzione secondaria della morte cardiaca improvvisa dovuta ad aritmie, ma suggerisce cautela nel raccomandare l’integrazione dietetica di PUFA alla popolazione generale, senza considerare, a livello individuale, l’assunzione di energia totale e grassi. le cui attività biologiche sono state evocate per giustificare rischi e benefici del consumo di PUFA. Viene anche esaminata l’origine controversa e il ruolo clinico del rapporto n-6 / n-3 come potenziale fattore di rischio nelle malattie cardiovascolari. Questa recensione evidenzia l’importante effetto cardioprotettivo di n-3 nella prevenzione secondaria della morte cardiaca improvvisa dovuta ad aritmie, ma suggerisce cautela nel raccomandare l’integrazione dietetica di PUFA alla popolazione generale, senza considerare, a livello individuale, l’assunzione di energia totale e grassi

    Fonte Bibliografica
    A) Dietary n-6 and n-3 polyunsaturated fatty acids: from biochemistry to clinical implications in cardiovascular prevention. Russo GL; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19022225

  7. Acidi grassi polinsaturi essenziali (PUFA), acido linoleico n6 (LA) e acido linolenico (ALA) n3 ottenuti dalla dieta sono precursori degli acidi grassi polinsaturi a catena lunga (Lc-PUFA) acido arachidonico (AA) e acido docosaesaenoico (DHA ) rispettivamente. Il consumo di PUFA è correlato a un migliore sviluppo neurologico e cognitivo nei neonati. È stato dimostrato che il consumo di PUFA n-6 e n-3 riduce i trigliceridi nel sangue aumentando l’ossidazione degli acidi grassi attraverso l’attivazione di PPARalpha o riducendo l’attivazione della lipogenesi che inibisce SREBP-1. I PUFA dietetici attivano PPARalpha e PPARgamma aumentando l’ossidazione dei lipidi e diminuendo la resistenza all’insulina portando a una riduzione della steatosi epatica. Effetti benefici dei PUFA sono stati osservati nell’uomo e negli animali modelli di diabete, obesità, cancro, e malattie cardiovascolari. È importante promuovere il consumo di PUFA. Le principali fonti alimentari di PUFA n-6 sono mais, soia e olio di cartamo e per PUFA n-3 sono pesce, soia, olio di colza e semi di lino. Infine la FAO / OMS raccomanda un’assunzione giornaliera ottimale di n6 / n3 di 5-10: 1.

    Tratto da [Molecular mechanisms of action and health benefits of polyunsaturated fatty acids] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16187707

  8. Gli acidi grassi polinsaturi Omega-3 — vale a dire EPA e DHA — e i loro metaboliti influenzano l’espressione genica, lo stress ossidativo, il flusso sanguigno cerebrale, i livelli di neurotrasmettitori e altri processi correlati al cervello come la produzione di nuovi neuroni, spiega Dyall. Il DHA in particolare è un elemento essenziale delle membrane cellulari del cervello. Quindi a livello molecolare – come una casa senza mattoni o pareti – il cervello non potrebbe esistere senza acidi grassi omega-3.

    Ciò che non è chiaro oggi è se ingerire una pillola di olio di pesce o qualche altro tipo di integratore di omega-3 può migliorare la funzione cognitiva o salvaguardare la salute del cervello.

    “Abbiamo molte prove che gli omega-3 possono avere effetti favorevoli sul cervello, ma le prove su assunzioni e integratori alimentari sono inconcludenti”, afferma Aron Barbey , professore associato e direttore del Center for Brain Plasticity presso l’Università di Illinois a Urbana-Champagne

  9. INDICE OMEGA-3
    l’INDICE oMEGA-3 è in realtà due cose. Ancora più importante, è un fattore di rischio per le malattie cardiache, proprio come il colesterolo. Ma è anche un vero test che puoi fare per valutare il tuo stato di omega-3. A differenza di un test del colesterolo, non è necessario che un medico ottenga un test sull’indice Omega-3. In effetti, la maggior parte dei medici non testerà automaticamente il livello di omega-3 durante le visite annuali dei pozzi, anche se la maggior parte delle persone non riceve quantità sufficienti di questi nutrienti dalla loro dieta.

    Secondo il National Institutes of Health (NIH), i fattori di rischio sono condizioni o abitudini che aumentano la probabilità che una persona sviluppi una malattia. Possono anche aumentare le possibilità che una malattia esistente peggiori. Ma non è tutto male. I fattori di rischio possono anche essere modificati per rallentare o arrestare la progressione delle malattie e talvolta addirittura invertirle completamente.

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